Spesso le pagine dei giornali sono piene di notizie riguardanti le “spese per consulenze” presso la Pubblica Amministrazione (P.A.); i politici a livello nazionale e locale fanno di questo argomento un cavallo di battaglia, chiedendosi come mai enti pubblici e amministrazioni centrali e locali nominate, guarda caso, sempre da politici di parte avversa, debbano poi ricorrere a dei consulenti esterni per svolgere questo tipo di sevizi. Prescindendo dalla spontanea constatazione sui pulpiti dai quali provengono queste reprimende, c’è da dire che in realtà, nella P.A. centrale e locale, oltre alla pletora di “garantiti” che spesso nello svolgimento dei loro compiti si limitano al “minimo sindacale”, e ahimè, ad un certo numero di soggetti che navigano nel sottobosco della politica, c’è tutto un mondo di professionisti con competenze elevate, con tipologie contrattuali autonome, per non dire precarie, ai quali spesso vengono affidati i servizi più innovativi, i progetti più sfidanti e che nonostante ciò sono costretti a lottare anno dopo anno per avere una continuità lavorativa e per affermare in quel contesto la propria professionalità.
Tra questi c’è Marco Montefalcone, laureato in storia contemporanea, con una formazione post – laurea che spazia dal campo della ricerca sociale, alle scienze della formazione, dell’analisi delle politiche pubbliche a quella dei sistemi di valutazione. Marco, dopo aver a lungo lavorato presso enti di ricerca e monitoraggio, ha intrapreso una sua attività professionale autonoma essendo impegnato da circa cinque anni in attività di consulenza e di assistenza tecnica per la P.A. centrale ed altri soggetti pubblici e privati. Il suo campo di azione riguarda il miglioramento delle performance e dei servizi, che è il risultato della progettazione e dell’attuazione di sistemi di qualità e di standard setting, del monitoraggio e della valutazione delle attività e della definizione e implementazione di policy, parole che possono sembrare astruse ma che sono sintetizzabili in poche parole: miglioramento della qualità dei servizi, in particolare di quelli che riguardano tutti i cittadini in settori fondamentali quali l’Istruzione, il Lavoro, la Sanità ed altri.
Qual è stata la motivazione principale che ti ha portato ad aprire una tua attività autonoma
Dopo un’iniziale e intensa esperienza lavorativa nell’ambito di una organizzazione nazionale per la tutela dei diritti dei cittadini, ho lavorato per quasi vent’anni anni nell’ambito di tre enti di ricerca e formazione, operanti in partnership sia in Italia che all’estero. Circa cinque anni fa, ho deciso di lasciare questo lavoro presso tali enti. Per me è stata una scelta molto dolorosa e difficile da compiere. È in questi tre enti infatti che, immediatamente dopo la laurea, ho completato la mia formazione e costruito il mio profilo professionale. Ho condiviso con molte delle persone che lavoravano lì (alcune conosciute fin da ragazzo negli scout) sogni, motivazioni e aspettative. Inoltre, in quegli enti ho ricoperto incarichi via via di maggiore responsabilità, guidando in particolare per nove anni la direzione scientifica e il monitoraggio delle attività dei progetti realizzati. Purtroppo, profonde divergenze di vedute circa la gestione amministrativa e finanziaria di tali enti mi hanno costretto a prendere questa decisione, accelerata anche dal contesto di crisi economica che ha colpito non solo l’Italia a partire dal 2008.
Ciò che mi ha spinto principalmente a lasciare il vecchio lavoro e a sviluppare una nuova attività è stata quindi una situazione di costrizione (una cattiva gestione che ha provocato una crisi di sostenibilità con conseguenze deleterie per gli individui) unita però a una volontà di rimettersi in gioco per cercare di essere comunque utile alla collettività, nel contesto della difficile situazione che stiamo vivendo. Per questo ho cercato di mettere le mie competenze a disposizione dei soggetti pubblici e privati responsabili di politiche di sviluppo e di inclusione sociale.
Quali sono le competenze tecniche precedentemente acquisite (sia lavorative che extra lavorative) che ti sono state utili per la nuova attività e quali sono quelle che hai dovuto acquisire o stai ancora acquisendo?
Al di là delle competenze teoriche e tecniche sulle tematiche oggetto di eventuali consulenze (project management, teoria e metodologia della ricerca sociale, metodologie di monitoraggio e valutazione, procedure di standard setting e di verifica e miglioramento della qualità dei servizi, adult education, ecc.), per sviluppare la nuova attività mi è stato certamente d’aiuto l’insieme di know how e il background culturale costruito negli anni, grazie alle esperienze svolte non solo in ambito lavorativo. Mi è stato inoltre di supporto un forte senso di responsabilità circa gli effetti delle azioni promosse e realizzate, unita soprattutto alla capacità di mantenere la barra dritta verso la propria mission, che nel mio caso è stata sempre quella di coniugare l’attività lavorativa con la possibilità di ottenere un impatto positivo nella vita sociale ed economica delle persone.
Quali sono, per quanto riguarda la tua attuale esperienza, i fattori critici di successo della tua attività, le competenze distintive che hai apportato al tuo business, le cose che rifaresti e quelle invece da migliorare?
Quanto appena detto e cioè la chiarezza di visione e di obiettivi rappresenta senz’altro un fattore che può contribuire al successo della propria attività, ma ancor di più la capacità di vedere le crisi che ognuno di noi è chiamato ad affrontare come una sfida da superare e non come un problema insormontabile. Certo, non è facile a 50 anni, ma il cambiamento è parte della vita e non deve essere vissuto come un disastro che ci si è parato di fronte, ma anzi come una opportunità per rendersi nuovamente utili e fare qualcosa di buono. Le avversità della vita non devono incrinare la nostra integrità e mettere in discussione il nostro scopo fondamentale, né tanto meno ci devono far perdere il controllo di noi stessi e della realtà.
Ecco, questo forse è il principale fattore su cui far leva per il successo della propria attività. Riconosco però che, a volte, non è facile assicurarlo e bisogna far ricorso a tutte le proprie riserve ed energie, di fronte a una realtà come quella italiana, dove l’accesso al mondo del lavoro non è sempre lineare e non è legato solo al merito e alle proprie capacità e competenze, ma è purtroppo ancora connesso al conoscere “qualcuno” al posto giusto, meglio se competente, se non altro per riuscire a venire a conoscenza di opportunità e possibilmente per ottenere la “spinta” giusta.
Non sono mancate e non mancano certo le difficoltà. Quante volte agli over 40 vengono riconosciute anche con stupore le rilevanti esperienze e competenze maturate, senza poi far seguire a questi apprezzamenti l’attivazione di una concreta attività di collaborazione. Tuttavia, non bisogna mai disperare e guardare avanti come ho detto in modo positivo.
Quali sono, a tuo avviso, le cose che un’associazione come ATDAL Over 40 potrebbe fare per supportare la nascita di nuove imprese?
ATDAL Over 40 a questo riguardo potrebbe svolgere un ruolo importante di sensibilizzazione verso la collettività e gli stessi over 40, che non sono certo soggetti da rottamare ma possono risultare ancora molto utili a questo paese. ATDAL infine potrebbe sviluppare la funzione di networking per favorire la messa in rete a tutti i livelli (tra over 40 e tra over 40 e potenziali datori di lavoro). Le relazioni costituiscono infatti un indubbio volano di inclusione e di sviluppo.
A cura di Aurelio De Laurentiis
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