I Concorsi Pubblici senza limiti di età

13 novembre 2014

La Corte di Giustizia UE ha depositato una sentenza storica, come risultato di una controversia sollevata in Spagna dal  sig. Vital Pérez e l’Ayuntamiento de Oviedo (Comune di Oviedo) relativamente alla decisione di quest’ultimo di approvare un bando di concorso contenente il requisito per cui i candidati ai posti di agenti della polizia locale non potevano avere un’età superiore ai 30 anni. La Corte ha dato ragione al Sig. Pérez, per cui la sentenza apre la strada ad una generale eliminazione dei limiti di eta’ nei Concorsi Pubblici in UE.

Troverete qui la Sentenza

Articolo su Sole24Ore      141114_Sole24Ore

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Regione Lombardia progetto di legge N. 0163

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Jobs Act – il testo

 

ll piano di riforme del governo Renzi su lavoro, welfare, ammortizzatori sociali, pensioni e turnover. Contratti, posti di lavoro, disoccupazione, licenziamenti, giovani… scarica qui il documento Jobs Act

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LA PENSIONE COMPLEMENTARE

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LA PENSIONE COMPLEMENTARE –  QUALE PENSIONE COMPLEMENTARE ?

                                                                                          se vuoi scaricare l’articolo clicca qui

 

Premessa

Il tema dello sviluppo del pilastro previdenziale complementare si basa sull’assunto che, causa il trend demografico, occorre garantire nel tempo la sostenibilità dei sistemi previdenziali pubblici sui quali da anni si è intervenuti allungando i tempi di accesso alla pensione e riducendo il valore della rendita della pensione stessa.

Questo aspetto si inquadra nel più generale programma dell’UE di controllo del bilancio pubblico comunitario e dei bilanci pubblici nazionali che, secondo la CE, hanno visto un progressivo aumento del deficit.

In realtà i dati ufficiali dicono che se è vero che negli ultimi anni il deficit del bilancio europeo è passato dal 60 all’80% (+ 20 punti percentuali), la quota di deficit imputabile ai costi dello stato sociale è rimasta praticamente invariata attorno al 25% se si escludono gli interventi a sostegno del crescente numero di disoccupati.

L’aumento di 20 punti percentuali sul deficit del bilancio comunitario deriva al contrario da alcuni trilioni di euro che l’EU, attraverso gli Istituti finanziari centrali e nazionali, ha erogato alle banche sull’orlo del fallimento provocato dalle proprie politiche finanziarie definibili in alcuni casi avventate e in altri casi criminali.

Assodato quindi che l’aumento del deficit di bilancio non è imputabile ai costi dello stato sociale e delle pensioni in particolare, si tratta di capire se il punto dal quale partire per affrontare gli aspetti che riguardano la tutela della continuità di uno stato sociale, basato su criteri che si sono affermati nel nostro continente in oltre un secolo, sia quello di pensare a come meglio espandere forme di previdenza complementari.

E’ chiaro che se la ragione di fondo, alla base di questa scelta, è quella di favorire nuove opportunità di business per quel sistema finanziario che è all’origine della più grave crisi economica della storia, diventa difficile far prevalere criteri di logica e razionalità. Ma noi vogliamo provarci.

 

Correlazione tra Occupazione e Sistema Previdenziale Pubblico

Logica e razionalità ci dicono che quanto più si contrae il numero degli occupati tanto più si riduce la massa di contributi che pervengono nelle casse di un ente previdenziale pubblico. Ne consegue che il deficit dell’ente aumenta se non si riesce a risolvere la causa a monte che è per l’appunto quella della disoccupazione.

–     Allungare i termini della vita lavorativa non risolve il problema di fondo e per certi versi lo aggrava se pensiamo che chi perde il lavoro in età matura non ha più l’obiettivo di uno standard di vita dignitoso quanto quello della sopravvivenza

–     Ridurre il valore della rendita per coloro che accedono alla pensione invece di assicurare il mantenimento di uno standard di vita dignitoso garantisce la crescita della massa di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà.

 

Correlazione tra Occupazione e Sistemi Previdenziali Complementari

Anche in questo caso esiste una correlazione forte tra il livello occupazionale e le possibilità per i lavoratori di investire in un fondo previdenziale complementare.

Assunto che coloro che sono disoccupati hanno ben altre priorità che quelle di investire in una forma di previdenza complementare guardiamo alle condizioni di coloro che hanno un lavoro.

–     Dipendenti con un impiego fisso e un contratto a tempo indeterminato.

Il salario medio di un lavoratore italiano è oggi pari a 1.327 euro netti mensili. I suoi versamenti contributivi a favore del sistema previdenziale pubblico sono pari al  33% del salario lordo e sono per il 23,81% a carico del datore di lavoro e per il 9,19% a carico del lavoratore stesso (la percentuale sale al 10,19% da calcolarsi sulla quota di reddito che supera i 42.043 euro lordi annui). Non è difficile comprendere quanto siano ristretti i margini di investimento che un lavoratore potrebbe decidere partendo da tale livello salariale

–     Dipendenti flessibili o precari

In Italia abbiamo oggi oltre 4 milioni di lavoratori precari molti dei quali non riescono a lavorare in modo continuativo più di qualche mese all’anno. Coloro che hanno un contratto precario ma continuativo su base annua ricevono un salario netto di circa 900 – 1000 euro. Francamente impensabile che possano anche solo considerare l’ipotesi di investire dei soldi in un sistema di previdenza complementare.

 

Considerazioni sull’impegno economico

L’investimento richiesto da un sistema previdenziale complementare al fine di permettere al termine della vita lavorativa di compensare la pensione pubblica e garantirsi un reddito adeguato al mantenimento di uno standard di vita qualitativo è per molti lavoratori non affrontabile. Destinare 100 o 200 euro mensili ad una assicurazione previdenziale determina un ritorno economico irrisorio al termine della vita lavorativa (si veda di seguito la proiezione di un caso reale).

Se per un giovane lavoratore l’ostacolo è insormontabile, considerando la precarietà della sua condizione lavorativa e il basso salario che percepisce, ostacoli ancor maggiori li trova un lavoratore over50-55 che, quand’anche decidesse di investire, avrebbe davanti a se un periodo lavorativo troppo breve per permettergli di maturare un vantaggio economico significativo al momento della pensione.

 

Gli incentivi all’adesione ad un fondo previdenziale complementare

In Italia esistono incentivi fiscali per coloro che decidono di investire in un sistema previdenziale complementare. Su base annua è possibile dedurre dal proprio reddito fino ad un massimo di 5.000,00 euro investiti in nella previdenza complementare. In termini pratici l’incentivo è interessante poiché permette di recuperare parte delle tasse che gravano sul reddito. Chi sceglie questa opzione lo fa spesso indipendentemente dalla redditività che gli garantirà il fondo pensionistico in quanto può subito recuperare parte dell’investimento attraverso un risparmio fiscale.

 

La situazione dei sistemi di previdenza complementare in Italia

A partire dal 2007 in Italia è stata avviata una azione di incentivazione allo sviluppo dei sistemi di previdenza complementare attraverso la creazione di fondi pensione su base privatistica. I lavoratori sono stati incentivati ad investire parte del proprio Trattamento di Fine lavoro in questi fondi.

La situazione alla fine del 2013 era la seguente:

 

Classe lavoratore Nr. Occupati Aderenti alla previdenza complementare

%

Dipendente settore privato

13.543.000

4.355.970

32,2

Dipendente settore pubblico

3.335.000

160.263

4,8

Lavoratori autonomi

5.542.000

1.687.530

30,4

Totale

22.420.000

6.203.763

27,7

 

Redditività di un sistema di previdenza complementare

L’esempio che riportiamo è reale e riferito ad un Fondo Previdenziale Complementare proposto in Italia da una importante società finanziaria francese.

Una lavoratrice, nata nel 1963, decide nel 2009 di aderire al Fondo Previdenziale Complementare arrivando a versare a fine 2014 circa 19.000 euro. Con riferimento all’attuale monte dei versamenti contributivi effettuati la lavoratrice all’età di 66 anni ha maturato un rendita annua pari a 899 euro lordi (75 euro lordi mensili).

Nel caso decida di proseguire il rapporto con il Fondo in questione e stimando di mantenere un analogo livello di contribuzione annua, nel 2029, quando avrà raggiunto l’età di 67 anni, avrà versato un monte contributi lordi pari a 52.432 euro che le daranno diritto alla rendita annua previdenziale di 2.345 euro lordi (195 €  mensili).

Se non si prendono in considerazione i vantaggi fiscali derivanti dai contributi versati il calcolo costi-benefici risulta improponibile.

 

Credibilità dei promotori di sistemi di previdenza complementare

Pur ipotizzando le migliori garanzie a tutela dei lavoratori che in forma privata o collettiva decidano di aderire ad un sistema di previdenza complementare occorre tenere presente che i contributi versati verranno inevitabilmente affidati ad un ente finanziario la cui natura è e sarà sempre orientata al profitto. Infatti la principale distinzione tra sistema pubblico e privato è data dal fatto che il primo ha una vocazione etica intrinseca ai valori di un corpo sociale che si riconosce in uno Stato che si assume l’onere di garantire la dignità dei propri cittadini mentre il secondo ha come obiettivo prioritario il profitto che può ricavare dall’investimento del denaro disponibile nell’interesse, forse, dei propri aderenti ma in prima istanza nell’interesse dell’ente gestore.

Ciò che è successo negli USA dove decine di migliaia di lavoratori si sono trovati senza pensione a causa del fallimento dei fondi pensione in cui avevano investito è presente nella memoria di tanti. Il fatto che in ambito UE si ipotizzino rigide forme di controllo e verifica sull’impiego dei fondi previdenziali a garanzia degli investitori rassicura fino ad un certo punto dato che anche in Europa banche e istituti finanziari, e tra questi alcuni dei più importanti a livello continentale, hanno dovuto ricorrere ad imponenti sostegni finanziari pubblici (cioè prelevando dalle tasche dei cittadini) per evitare crack dovuti al fatto che anche in Europa hanno fatto ricorso per anni alle stesse pratiche ad alto rischio e, in molti casi fraudolente, attuate negli USA.

Conclusioni

Riassumendo noi riteniamo che occorra avviare un processo di ripensamento globale sulle politiche e le strategie dell’UE. E’ del tutto inutile stupirsi e lamentarsi per le basse percentuali di votanti alle elezioni europee e preoccuparsi per l’avanzata delle forze nazionaliste antieuro.

Solo un diverso approccio che assuma come elemento prioritario dell’azione politica la condizione del cittadino, i suoi diritti, la sua dignità, ecc., può avviare il recupero della credibilità dell’Europa e delle sue Istituzioni.

Il lavoro e le iniziative atte a recuperare i tanti posti di lavoro perduti, la difesa dello stato sociale in tutte le sue componenti sono le priorità sulle quali occorre muoversi.

Tra queste priorità certamente non rientra quella dell’incentivazione allo sviluppo di sistemi previdenziali complementari.

 

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ATDAL partecipa all’evento “Shaping the Future of Equality policies in the Eu”

 

Lo stand

 

In relazione alle attività dell’ iniziativa  “Shaping the Future of Equality policies in the Eu” ATDAL Over 40 e’ stata invitata da UNAR  a partecipare al “Villaggio Antidiscriminazione”.

– in programma dalle ore 14,00 alle ore 19,00 di giovedì 6 novembre, e  dalle ore 9,00 alle ore 19,00 di venerdì 7 novembre;

l’evento si terra’  nella “Città dell’Altra Economia” nell’area dell’ex mattatoio a Testaccio  vedi la mappa

Vi aspettiamo numerosi !!!

 

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Per Formare… un’Impresa

Conosco Maurizio Piccinetti per motivi professionali in quanto socio fondatore di una delle più interessanti realtà operanti nell’ambito del mercato del lavoro e della formazione professionale della Capitale. Ricordo una sua brillante partecipazione all’inaugurazione di “Porta Futuro”, progetto innovativo della Provincia di Roma dove ebbi modo di conoscerlo e di apprezzare i suoi interventi e il modo in cui aveva organizzato l’evento. Da allora le nostre strade professionali si sono incrociate diverse volte sia per la comune partecipazione a convegni di settore, sia per la disponibilità con cui Maurizio ha partecipato ad alcune nostre iniziative formative; infatti è stato “testimonial” in aula durante alcuni seminari organizzati da ATDAL Over 40 sul mercato del lavoro e sulla ricerca di una nuova occupazione, rivelandosi un vero e proprio “trascinatore”.

Maurizio Piccinetti è socio fondatore di “Per Formare”, un’agenzia formativa costituita a Roma nel 1992 sotto forma di Associazione non- profit. Ha acquisito personalità giuridica ed è iscritta nel registro delle Associazioni della Regione Lazio. E’ accreditata presso la Regione per attività di Orientamento e Formazione Superiore e Continua, ed autorizzata a svolgere la funzione di Ente Promotore di Tirocini. Per Formare è inoltre un’Agenzia per il Lavoro (autorizzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali).

Nel 2014 la partnership tra Per Formare e ATDAL Over 40 si è rafforzata grazie alla reciproca collaborazione in due progetti, entrambi finanziati dal Programma europeo per l’apprendimento permanente (LLP) Grundtvig: “Evolve” e “IMAL”, due sigle ben note ai nostri soci e simpatizzanti. Nel mese di  marzo, nella bella sede di Per Formare a via Napoleone III, si è svolta una delle prime visite di studio organizzate da ATDAL Over 40 per far conoscere ad un gruppo di volontari inglesi in trasferta a Roma la locale realtà del mercato del lavoro e della formazione. A luglio la nostra associazione ha “ricambiato” contribuendo a diffondere, per il progetto “Innovations in Mature Adult Learning”, il  questionario sulla motivazione degli adulti all’apprendimento e sulle loro preferenze nella formazione. Ricordiamo che il progetto IMAL, oltre all’Italia che è rappresentata da Per Formare, coinvolge partners attivi in cinque Paesi (Danimarca, Grecia, Polonia, Spagna e Turchia), si avvale della collaborazione di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è finalizzato ad esplorare il punto di vista dell’utente finale, i fattori alla base delle sue scelte formative e quelli che ne sostengono la motivazione.

Qual è stata la motivazione principale che ti ha portato ad intraprendere questa attività?

La mia scelta di lavorare “in proprio” risale al 1987. In quell’anno ho realizzato il mio primo progetto di azienda, fortunatamente per scelta e non per necessità. Infatti per realizzarlo mi sono dimesso da un’azienda nella quale ero dipendente a tempo indeterminato. In seguito ho di nuovo lavorato come dipendente in Organismi di rappresentanza per poi tornare a mettermi in proprio, e la motivazione che mi ha spinto a farlo è stata sempre la stessa: la curiosità e la voglia di esplorare nuove opportunità e crescere attraverso nuove sfide e nuovi stimoli.

Quali sono le competenze precedentemente acquisite (sia lavorative che extra-lavorative) che ti sono state utili per la nuova attività e quali sono quelle che hai dovuto acquisire o stai ancora acquisendo?

Mi viene da dire: tutte ! In particolare quelle sociali / relazionali costruite e affinate nel lungo periodo nel quale ho lavorato per le cosiddette Parti sociali. Le competenze hanno la necessità di essere messe in atto, per poter confermare di averne padronanza. Quindi l’atteggiamento che ho assunto è quello di chi vede il proprio sviluppo come un “cantiere aperto” dove nulla si può dire ancora finito. Ovvero l’ottica con la quale affronto le attività quotidiane è incentrata sul “si può sempre migliorare” soprattutto nelle cose che pensi di fare meglio, per evitare di disperdere (invece che acquisire) e divenire poco ricettivi alle novità.

Quali sono, per quanto riguarda la tua attuale esperienza, i fattori critici di successo della tua attività, le competenze distintive che hai apportato al tuo business, le cose che rifaresti e quelle invece da migliorare.

Parto dall’ultima domanda in quanto è il mio “chiodo fisso”. Dove e come possiamo migliorare ? La domanda me la pongo, anzi ce la poniamo tutti nella nostra struttura. Questo perché noi ci ispiriamo alla learning organization. Il motore di ogni nostra attività è l’aspirazione a rappresentare una struttura in grado di formare competenze con uno sguardo sempre rivolto all’innovazione. Aderiamo pertanto convintamente ad un approccio di miglioramento continuo.

La competenza distintiva che ho cercato di apportare, condividendola con tutti i miei colleghi, è legata alle nostre passioni, al desiderio e determinazione di fare la differenza. Il mio motto è “you can make the difference, always”. Infatti credo che capacità di leadership e il background culturale rappresentano i fattori di successo per ogni iniziativa (e su entrambi i fattori ognuno di noi può lavorare per migliorarli).

In “Per Formare” i nostri interventi fanno sempre riferimento ai nostri valori e sono tesi a promuovere la diffusione della cultura del coinvolgimento – “engage for success” – in quanto crediamo nel business consapevole nel quale il leader deve possedere, come qualità più importante, la capacità di incoraggiare le persone a vedersi come membri di un sistema più vasto, con una visione comune e valori comuni, alla ricerca di uno scopo condiviso da tutti in un ambiente di mutuo supporto e rispetto.

Quali sono, a tuo avviso, le cose che un’associazione come ATDAL Over 40 potrebbe fare per supportare la nascita di nuove imprese?

ATDAL Over 40 può avere oggi più che mai un ruolo fondamentale sostenendo i lavoratori maturi, che si trovano momentaneamente fuori dal mondo del lavoro, facendoli sentire parte attiva di una grande comunità. E visto che mi è stata rivolta la specifica domanda, mi permetto di lanciare un’idea. Potrebbe realizzare uno spazio condiviso dove gli “older workers” che si trovano senza lavoro, possano avere un posto e un supporto dove iniziare di nuovo a progettare. Un co-working dove sostenere la nascita di progetti, nuove sfide da affrontare con rinnovata curiosità e coraggio. Anche questa è un’impresa.

(*)  Intervista di  Aurelio De Laurentiis

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